LE METAMORPHOSI DEL VERDE, Claudia & Carla Bonollo

ITINERARIOS VERDES: ENTREVISTA – Estratto di CREATIVE INSOMNIA-GREEN NIGHT

  • CLAUDIA BONOLLO Y CARLA BONOLLO: “LE METAMORFOSI DEL VERDE”

L’articolo pubblicato fa parte del progetto “METAMORPHOSIS” presentato in anteprima a Roma nella Galleria INTERNO 14 dell’AIAC (Associazione Italiana Architettura e Critica) il 16 maggio 2014.

Le metamorfosi del veRde di Carla e Claudia Bonollo

Carla: Oggi inauguriamo una nuova rubrica, conversazioni intorno al verde, un colore che sfugge facilmente a una semplice catalogazione, parto subito con la prima domanda: qual’è la prima visione che colleghi al verde, che tra l’altro in spagnolo contiene anche il verbo “ver”, vedere?

Claudia: Il verde rappresenta il colore della metamorfosi per antonomasia. Se ripercorriamo tutti i vari stati della trasformazione nell’alchimia, dalla nigredo che ascende verso l’albedo e si realizza nella rubedo, troviamo uno stato intermedio: citrinitas o viriditas, il verde appunto. Sto anche pensando alla Tavola di Smeraldo di Ermete Trimegisto, il verde è il colore dell’alchimia da Marsilio Ficino a Heinrich Khunrath fino alla psicologia di Carl Gustav Jung. Nell’evocazione della Tabula Smaragdina, il verde è il colore auratico di una scienza che si saldava al neoplatonismo con una pietra come la serpentinite che abbiamo ammirato in tante architetture toscane di Brunelleschi e Alberti. Per me il verde è indissolubilmente legato alla geografia visionaria e alla visione interiore, e rappresenta l’attraversamento, il passaggio da una condizione intima all’altra, più elevata. Secondo la tradizione esoterica dell’Islam, la visione prende corpo nella terra celeste di Hurqalya, la montagna cosmica che circonda il mondo degli uomini, il luogo in cui Maometto, il sigillo di Allah, riceve dall’arcangelo Gabriele il dettato divino. Sono paesaggi sacri, evocatori di profumi e ierofanie olfattive, dove le presenze spirituali rispondono ai richiami sottili delle essenze. Metaforicamente, la Visio Smaragdina si traduce nel folgorante incontro di ogni cercatore con il proprio doppio divino. Una visione capace di parlare agli occhi come al cuore, alla mente come allo spirito. Penso anche al “sogno verde” di un alchimista padovano Bernardo Trevisano ricordato da Manlio Brusatin nel suo ultimo libro “Verde, storia di un colore”, “Il sogno verde, “veridico” e vero perché contiene verità”, è un sogno in un doppio sogno: nel sonno si sogna di assopirsi e di sognare, quasi un effetto di un’alchemica quintessenza, e si intraprende un viaggio in un Paese di Utopia che porterà a un risveglio né amaro né consolatorio. Il sogno verde ci conduce alla contemplazione in presenza di colori, pietre preziose e perle di un ordine superiore a quello naturale. Il colore meno sognato diventa il colore di un’attività sognante.

Roger Caillois, Diaspro del Madagascar in "La scrittura delle pietre" Torino, Marietti 1986
Roger Caillois, Diaspro del Madagascar in «La scrittura delle pietre» Torino, Marietti 1986

Sfogliando il dizionario della lingua italiana Zanichelli, da subito si capisce che è un colore che abbraccia universi contrastanti, al primo posto come colore vivo vitale, al secondo già si introduce il tema della sua essenza prematura, in nuce, un seme che deve crescere, “acerbo”, poi si passa all’immaturità di un colore sospeso, e infine al suo divenire indecente, osceno, e tornano in mente le bevitrici di assenzio con quegli sguardi infernali, o certe chimere mostruose. C’è un quadro che riassume tutti questi significati o è una missione impossibile?

Il verde è da un lato simbolo di speranza, fortuna, natura e libertà, dall’altro viene associato al veleno, al denaro, ai demoni e in epoca più recente ai marziani (di pelle o sangue verde, eredi dei rettili tanto temuti nell’antichità). L’ambivalenza dei suoi significati (del resto comune a tutti gli altri colori) e in parte la sua cattiva reputazione, derivano dalla sua associazione con il Diavolo in epoca tardo-medievale. Si evitava di indossarlo o di utilizzarlo negli stemmi per pura superstizione. Eppure in Egitto era stato il colore della giovinezza e della fecondità, nella Roma antica la statua della divinità della Speranza era verde e verdi erano le foglie che i primi cristiani avevano l’abitudine di posare sotto la testa dei defunti per propiziarne la Salvezza e Redenzione. Schubert lo temeva come una maledizione mentre Virginia Woolf lo adorava. Esiste un legame fra l’instabilità pigmentaria e la sua funzione simbolica? O i progressi della chimica dipendono dalle trasformazioni simboliche? Lo zolfo è verdastro, di un colore sgradevole come la bile, l’assenzio è verde, come molti dei verdi ricavati dall’arsenico e che finivano sulle carte da parati del XIX secolo, che si dice avvelenarono Napoleone in esilio. Brusatin nel suo capitolo sul Grande verde, ci ricorda che “nel Galateo di Monsignor della Casa, che non è un trattato di “buone maniere” ma insegna il modo in cui si possano condividere piacevolmente, pareri, opinioni e giudizi, i colori diventano allo stesso tempo l’abito e l’umore dell’interlocutore”. Collerici, sanguigni, flemmatici e malinconici possono essere temperati con il “sereno dominio” delle umane inclinazioni. I colori soavi del bianco e del verde ben si adattano al flemmatico ma anche al sanguigno a cui conviene accompagnare il rosso al verde. Venere/venerdì/verde diventano gli accordi cromatici della convenienza in termini di qualità, accanto alla verità dei sensi. Il verde, anticamente scelto per designare i giorni feriali, aspira sempre di più a un destino che diventa disegno. Per questa ragione, nel verde dei tavoli da gioco, “les jeux sont faits” il destino è segnato, così come nei campi sportivi, figli dei prati in cui avvenivano i duelli. Il verde diventa il colore del caso, della sorte, del rischio e della fatalità e anche il colore dei soldi. Essendo un colore così complesso e polisemantico, non so se sia possibile riassumere tutti i significati del verde in un solo quadro. Per quanto ne sappia, ci sono tante rappresentazioni come i suoi diversi significati. Forse è possibile individuare dei filoni legati ai suoi momenti di auge e declino. Sto pensando alle minuziose pitture botaniche degli amanuensi, alle varie rappresentazioni di san Giorgio e il Drago, alle creature ritorte e squamate delle vetrate ecclesiastiche, a Jan van Eyck “Ritratto dei coniugi Arnolfini”, a certe rappresentazioni misteriose e metafisiche di Giorgione e di Patinir, fino alle famose mele verdi di Cézanne. Ma l’immagine che trovo più affascinante è la pareidolia scelta da Roger Caillois, Diaspro del Madagascar in La scrittura delle pietre.

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Dit du Lion, Guillaume de Machaut, 1350.55 circa

Il verde è anche collegato al tema della libertà, penso al semaforo verde, dove il verde si accende di una luce smeraldina che ti dice “vai, ora puoi andare, via libera”, e un altro viaggio può iniziare. Non è casuale che si è scelto il verde smeraldo?

I semafori, secondo Michel Pastoureau, sono il più evidente esempio di questo legame fra pratiche antiche e nuove forme della sensibilità. Fino al XVIII secolo, il verde non è stato mai pensato come il contrario del rosso. Il rosso aveva altri due contrari: il bianco (fin dalla preistoria) e il blu (dal XII-XIII secolo). È stata la teoria dei colori primari e dei colori complementari che si sviluppa fra il 1750 e il 1850, a spingere a pensare per la prima volta in Occidente, al verde come uno dei contrari del rosso, in quanto suo complementare. Essendo il rosso il colore del pericolo e del divieto, per analogia il verde si trasforma nel secolo XIX nel colore di ciò che è permesso, della via libera se non addirittura della libertà. Assistiamo quindi a una trasformazione radicale della dimensione simbolica del verde che passa da essere considerato il colore del disordine, della trasgressione, di tutto ciò che contravveniva e superava le regole naturali (epoca medievale), diventa grazie ai semafori, il colore dell’autorizzazione e anche della libertà. È anche il colore della luce verde smeraldo che l’uomo di luce della tradizione sufi vede dopo una lunga notte dell’anima.

È un colore anche politico, il verde, come scelta “alternativa”, e qui mi sembra un abbinamento curioso, un ritorno alla natura, il mondo naturale che è sempre esistito finché non lo distruggeremo del tutto, che però vuole rompere la tradizione ed essere ecologico. Che ne pensi?

Il capitello di una colonna greca, dice Vitruvio, che è il fusto di un albero, mantiene in alto un “cappello di piume” quel tanto di memoria verde di fragile bellezza – venustas– che sta accanto alla stabilità – firmitas. Verdi sono le originarie prerogative costruttive in cui la capanna rustica, origine dell’architettura classica del Mediterraneo, diventa con il tempo un ideale illuministico, dove l’uguaglianza sta al quadrato come la fraternità sta al rotondo, mentre la libertà ha ancora una forma poliedrica. È paradossale come il colore ecologico per eccellenza, il verde, che ora si associa immediatamente alla natura, alla proiezione di un altrove mitico e protetto dalle minacce cosmiche, alla capanna ancestrale e materna erede della grotta, sia uno dei colori più difficili da riciclare e anche uno dei più tossici. L’associazione con la natura è relativamente recente, nel medioevo l’acqua e non la terra era verde e il verde, più che rimandare alla sua origine naturale rappresentava piuttosto la sua natura divina, eccezionale o extraterrestre e la missione di custodire o celare un mistero profondo. Il colore degli ecologisti, Grünen, proviene dal mondo nordico e pagano. In Francia diventa invece il colore della burocrazia, ricorda Pastoureau per diventare con il tempo il colore mediano e conciliatore in bilico fra due fazioni differenti. Oggi torna di moda, in modo alterno, prima di tutto come colore politico. Dall’immaginario verde nordeuropeo, irlandese e celtico, proviene il verde della Lega; ci sono poi i Verdi tedeschi ispirati da mitologie che si rifanno alle leggende del misterioso Cavaliere Verde di arturiana memoria. È il colore scelto come garanzia del brand per rappresentare il nuovo valore massimo di bioetica ed è presente un po’ ovunque: dal settore agroalimentare ecologico e della salute al packaging, nelle insegne delle farmacie e negli ospedali, dove viene utilizzata massivamente la sua versione più asettica: per ambulatori, camici e pareti. I sondaggi lo identificano al secondo posto dopo il blu, quale colore preferito in Europa.

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Le Stanze del Cuore, Claudia Bonollo

Il chakra del cuore è verde, regola le nostre relazioni con gli altri, l’armonia, l’equilibrio e tutte le emozioni umane. Anahata significa “suono non colpito, non danneggiato”, ecco che allora entrano in gioco anche i suoni, le parole. “Verde, que yo te quiero verde”, diceva Lorca, come dargli torto?

Secondo Wittgenstein, il verde si spegne nel nero per risorgere nuovamente dal bianco. Benché sospeso tra positivo e negativo: invidia, avarizia, gelosia, da un lato; e calma, armonia, gioventù, simpatia, naturalezza, amicizia e fiducia dall’altro, il verde è diventato un colore messianico, dice Pastoureau, prova né è che il suo indicatore si sposti sempre più verso il lato positivo. Salverà il mondo, scrive lo studioso francese. Io sono d’accordo con lui, anche se per ragioni diverse.

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CV di Carla Bonollo
Laureata in Lingue e Letterature Straniere a Venezia nel 1995. Nello stesso anno si trasferisce a Londra, dove vive e lavora fino al 2002. Rientra in Italia per seguire un MA in traduzione letteraria dall’inglese a Ca’ Foscari. Ha seguito diversi corsi e seminari di traduzione all’estero e in Italia. Ha tradotto testi nel campo dell’architettura e dell’arte, jingle televisivi, brevi racconti e poesie di autori canadesi. Ha pubblicato due auto-fiction in formato digitale e ha un blog letterario, dedicato alla narrativa, alla poesia, alla reinterpretazione dei classici. Ha partecipato alle CREATIVE INSOMNIA NIGHTS organizzate dall’Atelier Meta-morphic a Madrid. Nel 2013 ha inaugurato una nuova serie, Le Interviste Possibili, spazio creativo riservato al talento in qualsiasi forma si manifesti. In lavorazione un giallo. http://branoalcollo.wordpress.com

CV di Claudia Bonollo
Colour consultant, artista, architetto e ricercatrice, realizza architetture visionarie che nascono da un colore o che cambiano di colore e spazi cellulari, biologici e sensibili che attivano negli spettatori vari stati di benessere. Lauree all’Università Internazionale dell’arte e allo IUAV a Venezia (110/lode). Seminari con Peter Cook (Londra e Berlino) e Bruno Munari (Laboratori Liberatori). Dottorato alla ETSAM di Madrid, dove ottiene il titolo di ricercatrice. Nel 2002 inizia una nuova tappa professionale che prevede collaborazioni con professionisti, studi di architettura, enti e associazioni internazionali e anche psicologi e terapeuti. Fondatrice dell’Atelier Meta-morphic, piattaforma culturale internazionale per l’arte la cultura e la ricerca, è l’ideatrice del progetto CREATIVE INSOMNIA, le prime notti multidisciplinari sul colore.

Venezia, 7 Maggio 2014 – All rights reserved

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